Musica e linguistica nel Paleolitico: influssi e contaminazioni
di Andrea Guerriero
Citando un famoso passo di Schopenhauer, la musica “esprime, con un linguaggio universalissimo, l’intima essenza, l’in sé del mondo (*1)”. Essa è il linguaggio universale, ciò che permette di comunicare a culture e persone differenti emozioni e pensieri, pur parlando lingue diverse. Ma qual è il suo ruolo nella storia della creazione dei linguaggi? Agli albori della civiltà, in che modo la musica ha influito nella nel processo di socializzazione, e come ha influito nella costruzione del dialogo?
È pressoché impossibile sapere se nacque prima la musica o la lingua. Varie sono le teorie legate alla diffusione di un sistema linguistico tale da permettere una trasmissione del sapere e della conoscenza. Secondo la maggior parte degli studiosi, già nel 50.000 a.C. esistevano lingue abbastanza articolate da permettere all’uomo di intraprendere colonizzazioni e replicare con grande precisione utensili, anche se per prudenza è forse meglio continuare a parlare di proto-lingue (*2). D’altronde, le fonti scritte più antiche che possediamo sono relativamente recenti, quindi è difficile ricostruire nel dettaglio i primi stadi della lingua parlata.
Si dovrà attendere ancora molto per avere sistemi linguistici complessi (come ad esempio quello sumero), oltre che le prime fonti scritte: è però certo che proto-linguaggi abbastanza articolati vennero formandosi almeno 20.000 anni prima. Alcuni studiosi pensano che le grandi migrazioni del Paleolitico sarebbero state impossibili da mettere in atto senza una lingua abbastanza evoluta da poter essere usata per gestire eventi di tale portata (*3). È inoltre possibile che gli stessi Neanderthal adottassero rudimentali sistemi linguistici, abbastanza evoluti da permettere comportamenti sociali avanzati. Si è ipotizzato che la trasmissione di concetti e informazioni più evoluti fosse messa in atto inizialmente tramite un’evoluta lingua dei segni (*4).
Durante il XIX secolo, alcuni musicologi hanno iniziato a teorizzare come fosse nata la musica. Herbert Spencer ipotizzò che la musica giocasse un ruolo importante nei linguaggi, rendendoli più chiari e pragmatici. Questa tesi venne dibattuta da Darwin, convinto sì che le lingue derivassero da antichi sistemi musicali, ma anche che la musica giocasse un ruolo sociale simile al canto degli uccelli, legato principalmente alla riproduzione. Egli, infatti, sostenne che l’uomo primitivo usasse la voce per produrre delle cadenze musicali, utili specialmente nelle fasi di corteggiamento per esprimere un range di emozioni varie: dall’odio, all’amore, gelosia e trionfo. È quindi possibile, secondo questa teoria, che l’uomo sia riuscito a strutturare dei sistemi linguistici partendo proprio dal canto, cercando di dar voce alla sua sfera emotiva (*5).
È impossibile riuscire a ricostruire la nascita e lo sviluppo delle prime concezioni musicali, dei primi strumenti e dei primi “musicisti”. Non esistono notazioni nelle raffigurazioni parietali, e misere sono le tracce lasciate dai primi uomini riguardo all’argomento. Recentemente, alcune interessanti scoperte stanno però dando modo di approfondire gli studi sulla musica del Paleolitico. L’eccezionale ritrovamento di un flauto d’osso (di avvoltoio) nel 2008 ha rivoluzionato la concezione sull’argomento. La porzione intatta dello strumento misura all’incirca 20 cm, includendo anche la parte utilizzata dal suonatore per soffiarci dentro, e reca cinque fori. Grazie ad alcune ricostruzioni effettuate, è stato possibile ascoltare lo strumento, che sorprendentemente genera una sequenza di note molto simile ai flauti odierni. La datazione sembra relegare il flauto ad un periodo oscillante fra i 40.000 e i 35.000 anni fa (*6). Le precedenti scoperte in ambito di strumenti musicali (altri flauti, fatti con avorio di Mammoth e ossa di altri animali) facevano parte di corredi molto più recenti e di difficile datazione.
Fonte: H.Jensen/University of Tubingen
È interessante provare ad immaginare il percorso che ha portato al compimento di questi strumenti: uomini che, ammaliati dalle melodie del mondo animale e della natura in generale, cercano di ricreare quelle tipologie di suoni grazie alle loro conoscenze acquisite nella lavorazione di ossa e pelli, cercando di ampliare il loro range espressivo, basato esclusivamente sul canto. Il tentativo di dar vita a strumenti in grado di creare combinazioni sonore in grado di esprimere emozioni e concetti molto complessi, quasi sicuramente per fini rituali, porta alla creazione inizialmente di strumenti percussivi, in seguito flauti e basilari cordofoni. Da quel momento, l’uomo prende consapevolezza del poter fare musica, di avere a disposizione un metodo di espressione capace di esprimere concetti anche fra diverse tribù (*7). Secondo Rousseau, all'origine delle formazioni linguistiche e musicali fu la melodia a prevalere sull’armonia, in quanto fu dalle passioni che vennero generandosi entrambe le cose: infatti, "i movimenti delle passioni possono essere espressi solo da suoni dal carattere melodico" (*8). La concezione di modi e scale come viene intesa oggigiorno dovrà, però, aspettare migliaia e migliaia di anni. È quasi certo che gli strumenti musicali abbiano avuto la maggiore crescita in ambito religioso, in quanto fin dall’alba dei tempi la connessione fra musica e riti religiosi è forte. Purtroppo, le fonti d’indagine a riguardo sono poche, oltre ad essere molto più recenti rispetto ai flauti ritrovati. Un esempio è quello della grotta di Trois-Frères, nel sud-ovest della Francia, dove è possibile ammirare una rappresentazione di uno sciamano intento a suonare un flauto nasale.
Fonte: https://thinkingonmusic.wordpress.com/tag/trois-freres
Tornando ai flauti di 40.000 anni fa, è possibile notare un primordiale utilizzo delle scale (pentatoniche, secondo alcuni), in un periodo temporale in cui si stava consolidando una struttura linguistica più definita. È possibile che questo processo musicale che andava formandosi abbia influito nella musicalità delle lingue primordiali, oltre che nella creazione di suoni capaci di trasmettere costrutti linguistici, esattamente come la musica riusciva a trasmettere emozioni complesse, collegando l’umano al “divino”. Un ruolo fondamentale potrebbe essere stato giocato dagli sciamani, guide (dirette e indirette) delle piccole comunità formatesi: analizzando vari petroglifi, è possibile notare che essi vengono spesso rappresentati nell’atto di suonare strumenti (*9), utilizzati in rituali e forse anche durante le guarigioni.
Ovviamente bisogna tener conto della grande differenza di percezione di suoni e “musica” del passato (d’altronde parliamo di più di 50.000 anni fa) rispetto alla nostra. È difficile provare che l’uomo preistorico apprezzasse la musica, e che effettivamente ne avesse cognizione. Questi strumenti potrebbero anche esser stati costruiti esclusivamente per fini rituali esterni ad essa. Ciò non toglie, però, l’importanza che questi uomini dettero agli strumenti, data la cura e la precisione con cui vennero costruiti e decorati. Inoltre, ad accreditare l’ipotesi dell’importanza della musica e dei suoni in queste antiche società, è possibile secondo alcuni studiosi anche evidenziare la quantità di note riproducibili con i flauti prima evidenziati, e la complessità (per l’epoca), oltre che la precisione, delle scale riproducibili (*10) .
In conclusione, è possibile affermare che musica e canto abbiano giocato un ruolo essenziale nella creazione dei linguaggi umani. Partendo da quest’ultimo e dal tentativo di esprimere un range di emozioni sempre più complesse, è stato possibile arrivare alle prime concezioni musicali, alla creazione dei primi strumenti e, quindi, alle prime scale musicali. Esse, successivamente, hanno giocato un ruolo importante nella strutturazione di discorsi sempre più complessi, e la concezione di poter articolare melodie potrebbe aver influito sulla definizione di vocali e consonanti, per meglio articolare i dialoghi. L’intervento degli sciamani a regolamentare queste nuove creazioni, e il ruolo importantissimo che giocarono nella costituzione tribale, oltre che l’importanza che ottenne la musica nei rituali, potrebbe aver giocato un ruolo chiave in questo rapporto linguistico-musicale, velocizzando, e forse anche rafforzando, la costruzione linguistica.
(*1) - A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, I, 52 in Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XIX, pagg. 690-691.
(*2) - Come riferimento a queste informazioni ho usato il libro Language in Prehistory di Alan Barnard (2015).
(*3) - Nel libro Language in Prehistory di Alan Barnard (2015).
(*4) - Anche in questo caso rimando il lettore ad approfondire l’argomento tramite il libro di Barnard.
(*5) - Charles Darwin, The Descent of Man, and Selection in Relation to Sex, 1871.
(*6) - "Earliest musical instrument discovered". The New York Times. June 24, 2009.
(*7) - Ovviamente, è impossibile sapere cosa spinse realmente l’uomo al fare musica, e ciò che ho riportato è solo una teoria esemplificativa del processo. È importante ricordare che anche il battito delle mani e dei piedi può essere inteso come strumento percussivo. Per approfondimento, segnalo l’articolo The Origin of Musical Instruments and Sounds di Bo Lawergren (Anthropos, Bd. 83, H. 1./3. (1988), pp. 31-45).
(*8) - Rousseau, Essai sur l'origine des langues, où il est parlé de la mélodie et de l'imitation musicale (1781).
(*9) - Un esempio, già riportato precedentemente, è lo sciamano della grotta di Trois-Frères.
(*10) - Per questa parte ho preso come riferimento l’articolo di Jelle Atema Old bone flutes (2004).
Andrea "Warrior" Guerriero
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