lunedì 11 marzo 2019

Cineforum #1 - Accordi e Disaccordi

di Nero Vanta Fancelli


Titolo: Accordi & Disaccordi (Sweet And Lowdown)
Paese di produzione: USA
Anno: 1999
Regia: Woody Allen




TRAMA 

Falso documentario incentrato sulla breve ascesa e l’improvvisa scomparsa dal palcoscenico di Emmet Ray (Sean Penn), personaggio fittizio modellato quale eterno secondo sulla figura del chitarrista jazz di origine sinti Django Reinhardt, lo stesso Woody Allen tenta di ricostruirne la carriera che lo vide attivo negli anni ’30, costellata di licenziamenti e casuali colpi di fortuna.
Istrionico artista con un travagliato passato alle spalle e dall’enorme talento musicale che ciononostante, a causa della sua tetragona attitudine a voler essere amato senza amare, gli impedisce di primeggiare sul rivale francese (lo “zingaro”), Emmet scarica tali frustrazioni in attività ludiche bizzarre, alcolizzandosi, scialacquando il poco denaro a sua disposizione in regalie e beni di lusso nonché approcciando qualsiasi donna gli susciti interesse.
Durante uno dei suoi numerosi rapporti occasionali, ecco entrare in scena Hattie (Samantha Morton), lavandaia muta con qualche rotella fuori posto che, per quanto impossibilitata a comunicare, riesce ad allacciare un rapporto speciale col protagonista, tuttavia recalcitrante all’idea di “aprirsi”, dacché fermamente convinto dell’idiosincrasia che intercorre tra sentimento e successo; questione protratta e spalmata su tutta la pellicola, sarà questa a decretare l’inizio/fine del protagonista.


IMPRESSIONI

Una storia amara, velata da un umorismo sottile che lascia costantemente trasparire la tragedia che si consumerà sul finale (abbastanza scontata), purtroppo necessaria alla maturazione stilistica di Emmet, benché fugace e priva di risvolti sostanziali (come specificato nei titoli di testa).
La strategia dell’intervista direttamente a Woody Allen e ad altri testimoni si può ritenere geniale e al contempo “furba”: potendo contare sul sentito dire e punti di vista differenti, qualsiasi colpo di scena poco credibile o leggermente forzato trova legittimo espediente, possa questo più o meno piacere; inoltre, lascia dubbia la reale esistenza del personaggio.
Rimarchevole la performanza di Sean Penn (candidato agli Oscar assieme a Samantha Norton), a cui il regista, grazie ad un “gioco” registico improntato sull’attesa, dà la possibilità di mostrare al pubblico che ha acquisito davvero dimestichezza con lo strumento (al contrario di Tim Roth e Clarence Williams III ne La Leggenda Del Pianista Sull’Oceano), acciocché “l’amore” tra i due potesse definirsi in qualche modo reale e non pura finzione; dunque un plauso a Howard Alden, suo mentore, esecutore delle parti di chitarra solista della colonna sonora basata su brani originali di Django Reinhardt e Eddie Lang, riarrangiati e diretti da Dick Hyman. 
Aspetto su cui invece soffermarsi, il doppiaggio: soprattutto nella disamina dei resoconti dei testimoni, le voci, in particolar modo quella di Oreste Lionello, paiono “scollegate”. 

Nero Vanta Fancelli